Recensioni Società

Sulla Morte di Umberto Eco, e su “Il nome della Rosa”

Vi era un'epoca in cui in Italia delle persone vivevano in posti come questo.
Scritto da Alexander

Buongiorno a tutti,

Come moltissimi dei miei lettori più affezionati sapranno, non amo scrivere di eventi di “attualità” di alcun tipo. Di nessun tipo:

Bombardamenti vari, morti bis a Parigi, la Russia che invade questa o quest’altra steppa, la Cina che cresce troppo… ah no, che non cresce, ma perchè? Ma come? Ma avevano levato il limite di un bambino per famiglia?

Ah, ma quella squadra ruba sempre!

NIENTE

Niente, tra queste cose, e tra moltissime altre che tengono… “impegnate” centinaia (di migliaia?) di persone, ha mai trovato spazio su www.siamouniverso.com.

La tentazione di scrivere di queste cose vi è stata, ma ho sempre resistito.

Una delle principali ragioni per cui ho sempre evitato di parlare (scrivere) di politica, cronaca, sport ed “attualità”, è stata quella di credere, spesso e per lungo tempo, che la maggior parte degli strumenti mediatici attraverso i quali tutte le segnalate informazioni passano, sia in vario modo deleteria all’umanità (ed all’Italia in particolare- per le informazioni in lingua italiana).

Temendo che gli strumenti di informazione creassero effetti dannosi, e che mirassero a diffondere l’odio, la paura, l’oscurantismo, la stagnazione e la violenza, non volevo mai trattare degli argomenti che la maggior parte di essi era dedita a trattare.

Insomma, credevo quasi di “essere infettato” e di “infettare”, se avessi trattato di quegli argomenti…

Questa volta, però, voglio scrivere qualche parola sul decesso del professore Umberto Eco.

Del professore conosco abbastanza poco. So che è stato autore di un romanzo “Il nome della Rosa” nei primi anni ottanta (quando ero di certo troppo piccolo per leggerlo). Sapevo che da quel libro avevano tratto un film che avevo visto molto tardi alla televisione, e mi aveva fatto anche un po’ paura, poichè era spesso tetro, solitario e sanguinolento, ed il mio animo fanciullo non voleva confrontarsi con tali “stati”.

In realtà, considerato come spesso il tempo lavora in modo bizarro, impiegai diversi anni per collegare la versione cinematografica ed il romanzo ad un’unica sorgente.

Tornando a descrivere ciò che sapevo di Umberto Eco, posso aggiungere che, qualche anno dopo i tempi de “Il nome della Rosa” , venni chissà come e perchè a sapere che il professore Umberto Eco era comunista, ed a me non andava proprio. Insomma, il professore non era, più o meno, dalla mia parte, quindi non era troppo simpatico.

Morte di Umberto Eco, il nome della rosa

Foto di Umberto Eco, di Rob Bogaerts

Ancora qualche anno dopo, finalmente, mi lanciai all’ attacco de “Il nome della Rosa”. Ebbene, “what a wild ride”, come dicono gli statounitensi. Una storia ingegnata fin nei minimi dettagli, orde di nuovi vocaboli dalle impensate e remote provenienze bombardavano piacevolmente il mio cervello, la mia conoscenza della lingua italiana riceveva, a schiaffi letterari e bastonate semantiche, una nuova ed irripetibile occasione di assurgere a piani nemmeno immaginati, fino a quel momento. E spero di avere imparato quella lezione, almeno con parziale successo.

Per sintetizzare enormemente: il libro mi era molto piaciuto. Ne feci anche, forse maldestramente, omaggio a taluni amici e conoscenti. Per i più giovani: regalarlo non era “condividerlo su wazzap” o farlo leggere sul mio iphone o “FABlet”. Significava- e significa tutt’ora, anche se, in certi luoghi, con inammissibile difficoltà- immergersi in una libreria, cercarlo, magari paragonare due edizioni, eccetera eccetera…

Avevo anche saputo che il professore Umberto Eco, aveva scritto degli altri romanzi abbastanza riusciti (Baudolino, Il cimitero di Praga) che non lessi. Chissà, forse un giorno…

Se vuoi leggere Il nome della Rosa o vedere il film, clicca qui.

Proprio a quest’ultimissimo proposito, poco tempo fa, appresi che Umberto Eco sosteneva di leggere una enorme mole di libri; a ciò, aggiungeva dire che per ogni libro letto cresceva un’ antibiblioteca, che conteneva tutti i libri da lui non letti e che avrebbe voluto leggere.

Vale a dire: Quanto più leggeva e sapeva, tanto più cresceva quanto lui voleva sapere in aggiunta. Ma l’immane compito non credo lo scoraggiasse, anzi, era un grato compito.

In questo concetto forse riecheggiava il socratico “so di non sapere”, oppure il più recente “gli scrittori sono tanti a scrivere, io sono solo uno a leggere” [ parafrasi ], del compianto Massimo Troisi.

A questo punto si potrebbe azzardare che la sua anima sia andata in cerca di conoscenze non acquisibili nel corpo di Umberto Eco, e questa potrebbe essere una notizia la quale, se confermata, potrebbe rasserenare molti degli “affetti” del sig. Eco.

Poi colpì vagamente la mia attenzione, attraverso dei titoli di un alquanto meschino “articolo” letto sul più famoso (forse?!) dei social network, che il sig. Eco aveva detto che i social network erano il modo di fare esprimere tutti i cretini. Ora, se fosse chi aveva compilato l’articolo ad essere la “malelingua” oppure se fosse lo stesso Umberto Eco a volere offendere migliaia di persone, è una risposta che non so dare, e non ci tengo nemmeno in realtà. (Si capisce, adesso, perchè non voglio trattare di certi temi?).

Quel che è sicuro è che la mia idea che Eco fosse stato uno all’altezza di scrivere una delle opere di più elevato spessore letterario degli ultimi trenta anni non me la toglieva nessuno, ma proprio nessuno.

Anzi, capivo che seppure Umberto Eco voleva dire che facebook (forse era questo il social network al quale si riferiva?) era il modo dei cretini di esprimersi, e con ciò anche un poco offendere, forse aveva in parte ragione.

Ciò non cambiava la mia idea, fondata sulla lettura del suo famoso romanzo, che il professore fosse degno di simpatia e rispetto. E ciò non cambiava il fatto che coloro che avevano trasmesso la notizia con l’intento di infangare la figura del professore avrebbero fatto meglio a riflettere sulle sue parole, e magari ad imparare qualcosa.

Vi era un'epoca in cui in Italia delle persone vivevano in posti come questo.

Vi era un’epoca in cui in Italia delle persone vivevano in posti come questo.

Chiudo questo peripatetico racconto – per alcuni- ripetendo che “Il nome della Rosa” è stato un grande capolavoro, pregno di un’utilizzo della lingua italiana di livello straordinario, colto e poetico. Celebro, con questo articolo, l’autore del romanzo. Sottolineo anche che il suo racconto è una grande ode all’Italia, a tanto di ciò che essa rappresenta; è anche una ode a “il vecchio” dell’Italia (monasteri, catacombe, tombe megalitiche, città sotterranee e chi più ne ha più ne metta). Spetta solo a noi fare sì che tali eccellenze (letterarie e storico-architettonico-archeologiche) continuino a prosperare ed essere celebrate con gioia, apertura mentale e raziocinio.

Leggi anche tu “Il Nome della Rosa”, cliccando qui.

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